04/05/2022

Neuromarketing: efficacia ed etica

Neuromarketing ed etica

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Neuromarketing e "decisioni di pancia"

Lo sapevi che, nel 75% dei casi, le nostre scelte non vengono fatte dalla parte razionale del nostro cervello ma dalla parte puramente emotiva?

Si perchè il nostro cervello in realtà è pieno di bias cognitivi e di automatismi frutto dell’evoluzione che fanno in modo di ottimizzare sempre di più le nostre scelte, indirizzandoci nel minor tempo possibile a perseguire la scelta corretta.

Per comprendere davvero come pensa e agisce l’uomo, è quindi importante conoscere sia il suo lato razionale e analitico sia quello istintivo, sensoriale ed emotivo, troppo spesso trascurato. Un punto di vista cruciale per tutta la società, sicuramente determinante per comunicazione e marketing, da sempre alla ricerca di modi coinvolgenti ed efficaci per emozionare e comunicare alle persone, spingendole all’azione.

Cos'è il Neuromarketing?

Connubio perfetto tra economia, scienze e psicologia il neuromarketing ha il compito di “studiare le risposte che si attivano a livello cerebrale nel momento in cui un potenziale cliente viene esposto a stimoli sensoriali quali una pubblicità, il packaging di un prodotto o il logo di un particolare brand”.

L’idea è quella di influenzare le sue scelte d’acquisto agendo direttamente nei processi razionali ed irrazionali del consumatore rendendo prevedibili eventi che sono alla base delle strategie di vendita e comunicazione.

Attraverso strumenti come l’eye tracking o l’fMRI gli esperti monitorano l’attività cerebrale di un soggetto ed evidenziano le risposte involontarie agli stimoli a cui questo viene esposto, anche tramite la registrazione del flusso sanguigno cerebrale e la sua affluenza alle diverse aree del cervello.

Emozione e razionalità

No, non parliamo di sondaggi

Il vero elemento di svolta è il fatto di poter realmente migliorare la customer experience rispondendo a delle domande “latenti” o che in nessun caso potrebbero essere risolte attraverso un semplice sondaggio.

Per ingaggiare davvero il consumatore e motivarlo a scegliere il nostro prodotto tra altri cento, ad ascoltare e memorizzare la nostra campagna durante uno slot pubblicitario o a cliccare su un banner, è necessario capire cosa lo muove anche a livello emotivo e istintuale. 

Il neuromarketing, in questo senso, può aiutare le aziende a verificare e individuare quali aspetti di una campagna pubblicitaria si sono rivelati meno efficaci e, così facendo, fornire consigli per decidere se affinare un lavoro già realizzato, riducendo tempi e costi, o percorrere strade nuove.

Il caso Coca-Cola VS Pepsi

Coca-Cola ha un suo laboratorio interno per studiare i comportamenti dei consumatori. Eppure non è Coke, ma la sua concorrente Pepsi ad avere portato alla ribalta qualche anno fa l’importanza degli studi sull’attività cerebrale nel processo decisionale di acquisto.

Negli anni Ottanta, PepsiCo lanciò una famosa campagna pubblicitaria in TV basata su un esperimento. 

Gli intervistati assaggiavano, alla cieca, sia la Pepsi che la Coca-Cola e dovevano decidere quale fosse la miglior bevanda. La maggior parte di loro dichiarò di preferire Pepsi.

Eppure Coca-Cola restava leader di mercato fra le bevande gassate. Come mai? 

Lo spot richiamò l’attenzione di Read Montague, neuroscienziato della Virginia Tech Carilion Research Institute. Con la collaborazione di 67 volontari, collegati ciascuno a un tomografo, Montague riprodusse in laboratorio la scena dello spot.

All’assaggio coperto, il cervello delle persone attivava le zone correlate al sistema di ricompensa. Mentre quando l’assaggio avveniva con etichetta visibile si assisteva all’attivazione della corteccia prefrontale mediale, deputata al pensiero superiore e complesso. Il brand in sostanza generava immagini e ricordi ed erano le sensazioni e i sentimenti, a questi correlati, che inducevano ad acquistare, non il gusto in sé e per sé.

CocaCola VS Pepsi

Limiti etici

Nel corso degli anni, gli esperti si sono più volte interrogati su quanto sia etico far sconfinare il marketing in una scienza così delicata, che va ad intaccare i sentimenti e le emozioni dei consumatori.

Le argomentazioni a favore o contro questa pratica sono chiaramente tantissime e tutte a loro modo corrette, ma ancora una volta è giusto ribadire che il neuromarketing è semplicemente uno strumento.

Ancora una volta è l’uso adeguato e secondo coscienza che si fa della conoscenza a determinare se si tratta di una conoscenza buona o di una conoscenza cattiva. E tale responsabilità è in capo alle aziende.

Chiudiamo con le parole di Daniel Goleman, psicologo e giornalista, nonché autore della più nota definizione di intelligenza emotiva

Mi sono chiesto se sia etico esaminare gli stati cerebrali. La risposta è che non è né più, né meno etico rispetto a qualsiasi altro tipo di studio di marketing. Sono opportuni degli avvertimenti. Il consumatore deve sapere cosa succede. Per ogni marchio l’obiettivo sulla trasparenza deve essere al 100%. I nuovi marketer rispondono a nuove regole che sono quelle di un mondo di Wikileaks, ovvero senza segreti.

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Alessia Grandis

CEO Open Service Srl